17 ottobre 2014

Requiem for a dream

Sono a Kuala Lumpur. Fuori piove e posso finalmente dedicarmi a scrivere, selezionare le foto,
montare video, raccogliere le idee. Sono passati quasi tre mesi dall'ultimo post e nel frattempo sono successe due miliardi di cose. Un miliardo e mezzo me le sono scordate. Il resto riempirebbe dieci libri. Questa fiera dell'iperbole palesa la mia soddisfazione in merito alle esperienze accumulate in questa vacanza, durante la quale ho sperimentato picchi di estasi che difficilmente sono comunicabili a parole. I primi giorni passati sull'Isola sono un remoto ricordo, ma rileggendo l'entusiasmo con cui ne parlavo posso dire che le mie aspettative sono state superate oltre ogni immaginazione. Adesso posso confermarlo: finire sull'Isola è stata veramente una della cose migliori che mi sia capitata.

Eravamo arrivati durante il Ramadan, bassa stagione, pochi turisti... e tanto tempo per rilassarsi, fare bagni, immersioni, rotolare, e quant'altro ci si può aspettare da un'isola tropicale standard: giornate bellissime, ma che difficilmente ci avrebbero trattenuto sull'Isola più di qualche giorno. Ce ne saremmo andati presto, ma tutti ci invitavano a rimanere per la stagione turistica: "ne sarebbe valsa la pena". Perplessi ma curiosi, abbiamo atteso la fine del Ramadan, che sarebbe terminato pochi giorni dopo il mio ultimo post. Guarda caso, non ho più avuto modo di mettere mano al sito. Non è stato più possibile dedicare tempo ad altro che al Beach Bar: la spiaggia è letteralmente esplosa di vita. E ogni singolo giorno si sono accumulate storie, su storie, su storie che documentare sarebbe stato impossibile.

Dicono che un giorno sull'Isola corrisponda ad una settimana di vita normale. Non è vero. È riduttivo. Ogni singola serata (e si parla di circa settanta serate) mi sono trovato ad affermare con assoluta convinzione che fosse stata la serata migliore della mia vita. Ed è incredibile perché chi mi conosce sa che raramente manifesto entusiasmo nei confronti della vita mondana. Ma non c'è stato un giorno uguale ad un altro.

Abbiamo discusso all'infinito su come potesse essere possibile sperimentare così tante variazioni sul tema, ma non abbiamo saputo rispondere... e ancora oggi, quando parliamo della nostra esperienza al Beach Bar la gente ci guarda interdetta e non capisce come abbiamo potuto stare così tanto tempo confinati in una striscia di terra lunga duecento metri dove effettivamente non c'è niente: giungla, agglomerati di bungalow, qualche ristorante e due bar.

La verità è che quando siamo diventati locals abbiamo maturato presto la consapevolezza di vivere dentro un universo parallelo, all'interno del quale potevamo fare quello che ci pareva. Il posto perfetto per dimenticare che esiste una vita normale. Il mondo di fuori sembrava insignificante. L'illusione di abitare dentro uno stereotipo cinematografico alla the Beach non mi ha mai abbandonato e la sensazione di estrema libertà, confidenza, spensieratezza che ho avuto in quei giorni non l'avevo mai provata prima. 

Ma non solo quello. L'inclusione nella famiglia nel Beach Bar di persone come John, Guru, Mia, Dani, oltre a Nico, Maddie ha reso l'esperienza indimenticabile. Persone fantastiche di cui potrei parlare per ore, con cui abbiamo passato la maggior parte del tempo. A loro devo molto, e senza la loro compagnia l'Isola non sarebbe stata la stessa. Sentirò la loro mancanza, ma sono sicuro che ci rivedremo, come infatti è poi successo in Indonesia. Ma questa è un'altra storia e la rimando ad un'altra sezione di questo post, che prevedo essere il più lungo di sempre. O forse no, visto che alcune cose è meglio NON scriverle.



Ricordo a fatica i primi giorni, durante i quali la mia preoccupazione principale era rastrellare pacatamente la spiaggia durante il tramonto; presto me ne sono disinteressato e ho cominciato ad investire quel tempo per allenarmi a roteare bastoni infuocati sentendomi un po' Karate Kid... ignorando che sarebbe presto diventata una mia ossessione... nonché occupazione a tempo pieno. Esibirsi di fronte ad una spiaggia di turisti esaltati è stato un ego-boost notevole; non avrei mai pensato di poter diventare sufficientemente abile da raccogliere mance superiori allo stipendio giornaliero, né che la gente apprezzasse così tanto un'attività che io definirei una baracconata da centro sociale. Potevo perfino permettermi di dare lezioni improvvisate il pomeriggio, pretesto come un altro per farsi qualche amico/a, promuovere il locale ed attrarre gente. Non che ce ne fosse troppo bisogno, visto che il fireshow da solo radunava centinaia di persone intorno ai tavoli già stracolmi, riempiti con la collaudata tecnica dello shottino gratis alle persone di passaggio: un'allegro sistema che comunicava immediatamente lo spirito del bar... e di chi ci lavorava. Una media di venti brindisi l'ora. Più il resto.



Mi diverte molto ricordare quanto mi sembrasse "pieno" il bar ad inizio stagione. Sinceramente non credevo la spiaggia potesse ospitare delle feste così estreme: finito il Ramadan è arrivato DJ Franco, birmano, musica elettro-commerciale-hardcore-non-lo-so fino alle tre di notte su un impianto che immagino fosse l'unica strumentazione di qualità dell'Isola.
I bassi si sentivano da qualsiasi punto della spiaggia, facendoci odiare dai resort per famiglie, ma "che ci vuoi fare, è una party island" (?). Il che mi lascia un po' perplesso, visto che le party islands sono ben altre, Ko Pha Ngan, Ibiza, Mikonos... dove i posti come il nostro riempiono le strade e si fanno concorrenza giorno e notte. Ma troppo cari. Troppa gente. Troppo commerciale. Troppo turistico. Alle Perhentians invece c'era questa atmosfera underground, un po' selvatica, esotica, artigianale, vagamente intima, dove era possibile conoscere tutti, tant'è che quando abbiamo lasciato l'isola molti ci hanno fermati, in Indonesia, in Malesia. "...ma voi siete quelli del Beach Bar!". Oh, yeah!

Ma alla fine la pacchia è finita, purtroppo. O Per fortuna. Non lo so. Siamo dovuti partire... per non perderci. Abbandonare l'Isola è stato traumatico e i primi contatti con il mondo esterno sono stati piuttosto spaesanti. Ho riscoperto internet. Il pavimento, le macchine, l'infinita scelta di prodotti. Le scarpe. I vestiti. La Costanza mi ha detto "sembri Tarzan che vede i pantaloni per la prima volta". In effetti mi è sembrato strano radunare tutta la mia roba nello zaino, che non aprivo da oltre due mesi. Ma andava fatto. Siamo saliti sulla barca dalla quale avevamo visto andare via già molti amici. Il primo era stato Dani. Poi John, Mia, Guru. La stagione era proprio finita. Adesso eravamo noi che la gente salutava dalla spiaggia. E mentre l'Isola diventava più piccola dietro di noi qualcosa si scioglieva dentro di me. Non so spiegare la sensazione. È stato come svegliarsi da un lungo sonno, e scoprire che tutto quello in cui avevi creduto era solo un'illusione.

I giorni successivi sono stati un vagabondare in località turistiche con la Costi, venuta in vacanza a trovarci (salvarci?) pochi giorni prima. Penang, Malacca, aria condizionata e lenzuola pulite. Destinazione: Indonesia. Per raggiungere gli altri, riformare lo staff del Beach Bar e conquistare il mondo! O almeno tornare ad assaggiare quel senso di appartenenza e complicità che ci aveva legato sull'Isola.
Effettivamente io e Lapo non siamo stati molto presenti per almeno una settimana... sguardi persi nel vuoto, memorie dell'Isola ancora fresche (perdonaci Costi!). Ma eventualmente tutto passa. I capelli sono ricresciuti (niente male il taglio da mohicano, ma effettivamente fuori dall'isola l'aspetto da beach boy mi faceva sentire un po' un disadattato, eh eh). Le ferite sono rimarginate, le bruciature sono guarite, i ricordi affievoliti, e lentamente siamo tornati alla realtà non solo col corpo ma anche con la mente. Abbiamo raggiunto John, Mia e Guru in Indonesia, ma non è stata più la stessa cosa. È stato bello rivedersi, ma mi è sembrato evidente che l'incantesimo si fosse spezzato e tutti avessero altro per la testa.
Abbiamo passato insieme qualche giorno a Banda Aceh, dove abbiamo sfidato le onde violente dell'Oceano Indiano. Avevamo la spiaggia tutta per noi, e ancora non riesco a spiegarmi come un simile paradiso potesse essere deserto. 
Mi piacerebbe dire che ho imparato a surfare, ma invece ho solo rischiato la vita inutilmente, inghiottito dai flutti nel vano tentativo di cavalcare onde che mi hanno frullato, scaraventato e denudato infinite volte. Ho dovuto riconoscere che il mare fosse decisamente troppo aggressivo per un pessimo nuotatore come me. Boccheggiando ho deciso fosse più saggio tornare a riva prima che qualche cavallone alto troppi metri mi trattenesse sott'acqua definitivamente. La perseveranza di Lapo invece gli ha permesso di domare più o meno qualche onda presa bene.
Comunque il posto era bellissimo ma siamo partiti subito. Abbiamo aperto tutti una nuova parentesi: Mia adesso è in Australia, John e Guru in Nepal, io e Lapo abbiamo passato un paio di settimane in Indonesia dove nuove avventure hanno contribuito ad archiviare l'Isola nel cassetto dei ricordi: funghi freschi su un'isola in un lago vulcanico, lezioni di Inglese a bambini indonesiani, autostop sotto il diluvio, invadente proselitismo di pastori protestanti.

Ci sarebbero da scrivere altri dieci post.

Ma non si può scrivere tutto.
A volte si può solo vivere.
(Favio Bolo)


23 luglio 2014

Delirio on the beach


Sto ancora cercando di trovare i termini più adatti a sottolineare ciò che rende così speciale questo posto, ma come spesso capita le parole non bastano per descrivere le esperienze che si provano ogni giorno su quest'isola. Le nostre giornate sono pienissime di momenti indimenticabili che si susseguono, accumulandosi e mescolandosi, lasciando poco spazio per scriverne.


Viviamo qua da oltre due settimane. Il tempo è volato e sembra ieri che siamo arrivati, ma allo stesso tempo ho come l'impressione di vivere qua da sempre. L'apparente ripetitività di mare, escursioni, immersioni, lavoro, feste viene giornalmente sconvolta da piccole variabili che rendono le giornate sempre diverse.


La mattina il mare ci accoglie con la sua acqua calda e trasparente e i pesci ci circondano come i piccioni a Firenze. Le attività subacquee sono sempre più appaganti man mano che acquistiamo confidenza e dimestichezza con il mare. Relitti sommersi, fittissimi banchi di pesci colorati, tartarughe giganti... esplorare questi fondali sta diventando ogni giorno più gratificante. La mia tecnica sta decisamente migliorando, e mi bastano poche pinnate per sorvolare coralli, planare attraverso le alghe, scivolando nell'acqua con movimenti controllati. L'esperienza è indescrivibilmente irreale e decisamente migliore dei primi acerbi tentativi scomposti che ho vissuto a Koh Tao.
Adesso siamo del posto e anche i locali ci fanno prezzi speciali, quindi non dobbiamo più fare la fame e possiamo permetterci barbecue di pesce fresco, scegliendo liberamente qualsiasi cosa sul menu senza preoccuparci di sforare il budget. Ci godiamo veramente la vita.

E poi andiamo a lavoro. Anche se definire "lavoro" il tempo che passiamo al Beach Bar è decisamente fuorviante. Iniziamo alle 17:00. La spiaggia è diventato il mio giardinetto zen. In teoria basterebbe dare una rastrellata superficiale, ma ho deciso di dedicarmici con passione e trasporto. I primi giorni ho dissotterrato mozziconi che erano sotto la sabbia da minimo dieci anni. Adesso si tratta solo di rimuovere sassolini e conchigliette nel tentativo infinito di rendere l'area totalmente priva di corpi estranei. La sabbia scivola sotto i piedi come velluto. Accompagnato dalla musica assecondo la mia mania di perfezione e svuoto la mente da qualsiasi pensiero. Karma yoga allo stato puro. Ad intervalli regolari mi tuffo nel mare e mi lascio cullare languidamente dalle onde.


Poi arriva la sera e il bar si trasforma nel luogo di socializzazione definitivo. Decine di persone da tutta la spiaggia confluiscono verso la nostra striscia di terra, scaldano l'atmosfera e trasmettono una voglia di vivere e divertirsi che solo la spensieratezza di una vacanza su un'isola tropicale può regalare.
A volte capita di essere sorpresi da piogge torrenziali e la spiaggia diventa una pista da ballo nella bufera, le strobo sostituite da fulmini che riempiono il cielo. È uno spettacolo incredibile vedere le persone scatenarsi sotto l'acqua come in un video musicale, frastagliate linee di elettricità che attraversano l'orizzonte da una parte all'altra, essere salati di mare e sudore e fregarsene dei vestiti, ormai abbandonati in camera da giorni. Non avrei mai pensato che lavorare dieci ore al giorno potesse essere così entusiasmante, ma del resto nessuno ci dice cosa fare, possiamo buttarci in acqua, sederci ai tavoli a fare amicizia, scegliere la musica, fumare, dormire, ballare sul bancone, bere gratis, fare le guerre di ghiaccio, gavettoni alcolici... e la notte non finisce mai. Infine arriva l'alba, e si ricomincia. In effetti non dormiamo tanto... ma la stagione è appena iniziata e ogni sera arriva più gente. Tra qualche giorno finisce il Ramadan e i turisti si moltiplicheranno.

Vediamo che succede, ma se le cose continuano così penso proprio che finire su quest'isola sia una delle cose migliori che ci sia capitata.

13 luglio 2014

Livin' the dream



Quest'isola ci ha preso in ostaggio! I giorni e le notti passano rapide e noi ci siamo integrati velocemente. Abbiamo deciso di prolungare la nostra permanenza di un mese, visto che il posto è favoloso... e il lavoro ci paga da dormire e mangiare.

Il "locale" dove lavoriamo consiste di tavolini e tappetini sulla spiaggia. La gente si rilassa bevendo e fumando narghilè... o semplicemente collassano abbandonati alla musica. La sera ci sono fire-show o spettacoli casuali. A tarda notte alziamo la musica e parte la pista da ballo. Si scatena il delirio finché la gente non sviene. E poi si ricomincia. Magari un po' ripetitivo, ma non mi viene in mente un lavoro che non lo sia. Almeno qua i ritmi sono lentissimi, possiamo fare più o meno quello che ci pare, non c'è neanche il servizio al tavolo; ogni tanto andiamo ad accendere le torce o a togliere un paio di bicchieri, ma per il resto si tratta solo di godersi l'atmosfera, deridere i casi umani che barcollano verso il bar, chiacchierare con i clienti etc etc

Già il quarto giorno ci hanno dato un aumento e lasciato la gestione del bar. Io mi occupo dei tavoli e Lapo del bancone. Il nostro obiettivo è naturalmente conquistare l'isola, diventare ricchi e salpare come pirati. Se ne riparla tra un mese.

7 luglio 2014

Cervelli in fuga

I nostri ripetuti tentativi di prolungare il visto di Lapo sono ripetutamente falliti, e i nostri pellegrinaggi alla ricerca di una frontiera più disponibile si sono conclusi con l'impossibilità di rientrare in Thailandia. Tuttavia adesso disponiamo di tre mesi di Malesia che ci permettono di prenderci la vita con calma. Così tanta calma che abbiamo abolito il treno e ci siamo spostati solo in autostop, accumulando una dozzina di passaggi in due giorni.



Abbiamo sfruttato la tenda di Lapo per accamparci nella giungla, dove ci è stato detto di "fare attenzione agli elefanti". Niente elefanti... ma scimmie moleste a decine, insetti giganti ed un'umidità appiccicosa hanno reso la nostra breve permanenza nella foresta particolarmente sgradevole, almeno per me. Lapo invece, ormai navigato campeggiatore, si è trasformato in un allegro boyscout prendendosi cura di cena, tenda, e preparando un'area relax con foglie giganti. Se fossi stato da solo probabilmente sarei morto, quindi la sua compagnia continua a rivelarsi preziosa, come la sua propensione verso le lingue straniere che ci ha permesso di evitare il linguaggio dei segni ed intavolare invece delle piacevoli conversazioni con le numerose persone che ci hanno aiutato.

Cinquecento km dopo, siamo arrivati sulle Isole Perenthian, paradiso tropicale dalle spiagge bianche e acque cristalline. Ci siamo sistemati in un bungalow sulla spiaggia e ci siamo goduti un meritatissimo bagno dopo giorni di fame, sabbia e sudore. Il tempo è perfetto, se si escludono fugaci cicloni notturni che conciliano il sonno, rinfrescando l'aria e non causando eccessivi disagi.

Adesso siamo alla ricerca di un corso di immersione non eccessivamente costoso. Avendo già conseguito il PADI Open Water a Koh Tao qualche anno fa, adesso sono pronto per fare il corso avanzato... che mi dovrebbe permettere di esplorare relitti affondati, andare a maggiore profondità etc etc.. Ma stiamo rimandando pesci e coralli alla prossima settimana, visto che abbiamo trovato lavoro su un bar sulla spiaggia, la soluzione ideale per divertirsi, conoscere gente ed ammortizzare i costi, che naturalmente su un isola tendono a lievitare (il bungalow ci costa ben 4 euro a testa, che da queste parti non è proprio regalato...)

Il nostro beach bar!




Il lavoro consiste nel pulire la spiaggia, che per un ossessivo-compulsivo come me è l'ideale, servire ai tavoli ed in generale dare una mano... ma la maggior parte del tempo si tratta semplicemente di rilassarsi tra un bagno e l'altro bevendo birra e conversando con gente a caso.
Ancora non sappiamo cosa ci aspetta domani né quanto tempo staremo qua, ma i presupposti sono buoni, il posto è bellissimo e il tempo promette bene, quindi posticipiamo indefinitamente qualsiasi decisione e ci godiamo questo posto da sogno...!

1 luglio 2014

Rotolando verso sud...


Approfitto del treno notturno Bangkok-Chumpon per scrivere un po'. Ho avuto poche occasioni per aggiornare il blog... passo troppo tempo a mangiare, vagare e ridere delle disavventure di Lapo: che smarrisce il cellulare, che si si perde tra le stoffe da spedire alla famiglia. che si divincola tra la burocrazia locale per rinnovare il passaporto.


Le giornate passano rapide... e non trovo troppo tempo per stare al computer. Tra scarafaggi giganti, docce fredde e cazzeggio generalizzato è già passata una settimana da quando sono partito. A Firenze pensavo di avere nostalgia solo delle cose belle... ma ho invece riscoperto il piacere della disavventura, l'odore di muffa delle stanze di infima categoria, l'abitudine a fare la doccia vestito per lavare le magliette, il disagio di conversazioni stentate con gente assurda. L'ostello, presto ribattezzato "il buco", era di quelli di classe, con immigrati clandestini, simpatiche famiglie di gechi appese alle pareti, letti sfondati etc... i nostri compagni di stanza erano rispettivamente: un malato terminale russo, un cinese in cerca di fortuna, un argentino cinquantenne particolarmente inquietante. Insomma, un ambiente allegro ed accogliente. È bello vivere così: districarsi dalle truffe dei tassisti, scappare dai cani randagi... tutti questi elementi contribuiscono a dipingere l'affresco esistenziale quotidiano del backpacker, vita che non sapevo mi mancasse così tanto finché non mi ci sono rituffato.

Forte delle esperienze passate, voglio solo godermi questa nuova avventura, senza cercare di dare un senso alle giornate per forza. Mi basta stare bene, fare qualche video, conoscere gente, imparare cose nuove... insomma il solito, ma con meno ansia da prestazione. Poichè tra poche ore ci aspetta una giornata di autostop per un'improvvisata visa run e (probabili) bestemmie nel mezzo del niente adesso dormo un paio di ore.
(...)
L'eventualità bestemmie si è rivelata esatta. Il nostro tentativo di ingresso in Birmania è stato osteggiato da una legge fresca fresca che ci ha impedito di attraversare il confine, alimentando le imprecazioni contro le autorità e il destino beffardo. Ma non abbiamo perso tempo: queste ore sono state così intense da sembrare settimane: interminabili camminate all'alba, autostop, piogge torrenziali impreviste e rapidissime, litigi con poliziotti, incidenti mortali ai lati della strada, tutto nell'arco di una mattinata.

Il permesso di soggiorno di Lapo scade domani quindi, fiduciosi, rivediamo i nostri piani e tentiamo di fare un salto in Malesia, macinando qualche migliaio di km in due giorni, alternando sidecar traballanti a pickup scassati, vaghiamo a piedi, saltiamo su improbabili bus colorati. Stiamo accumulando un po' di sonno arretrato e puzziamo di capra, ma per adesso sopravviviamo.


Con un pò di fortuna il prossimo post sarà scritto all'ombra di una palma su una spiaggia bianca. O forse di fronte ad un tramonto suggestivo su una risaia sperduta. O su un traghetto diretto verso l'ignoto. Ancora non sappiamo se ce la faremo, ma se la fortuna aiuta gli audaci, ne usciremo in qualche modo vivi.

25 giugno 2014

Me ne vado


Sono partito. Di nuovo.
Cosa mi aspetta domani? Non lo so: a volte non sai dove stai andando. E in effetti non ne ho idea. Ma neanche ci tengo troppo a saperlo... a volte sbocciano situazioni che non immagini come si possano sviluppare, cariche di energia potenziale. È questa indeterminatezza che conferisce un tocco di poesia alla vita. Quel mix di mistero ed aspettativa, curiosità e preoccupazione. 
A volte è solo un momento, come quando finisce la musica in macchina e speri che dalle casse parta una canzone decente. Altre volte è qualcosa di più, come il periodo in cui una storia d'amore muove i primi passi incerti, quando ancora non sai se porterà da qualche parte. Oppure questo istante: mi trovo su un aereo senza biglietto di ritorno, guardo dal finestrino e immagino cosa mi stia riservando il futuro... senza immaginare troppo, onde evitare fisiologiche delusioni. Diciamo che sogno ad occhi aperti senza troppa convinzione, cullandomi in fantasie da dormiveglia mentre aspetto il dipanarsi degli eventi... ma che sto scrivendo?!? Fabio Volo, esci dal mio corpo, e lasciami esporre le cose in modo normale.

Sto andando a Bangkok a trovare Lapo che è ormai partito da mesi e mesi. Mi è sembrato un ottimo pretesto per fuggire dal caldo torrido di Firenze. Presumibilmente dovremmo vagabondare insieme verso mete ignote, ma fare previsioni mi risulta alquanto difficile poiché non so neanche dove dormirò tra due giorni. Ma intanto ci vediamo dopo tanto tempo e questa è già una buona cosa. Ora mi collasso un paio d'ore tra le poltroncine dell'aeroporto di Amman e aspetto il prossimo volo. Buona notte mondo.

20 febbraio 2014

New York


Questo non è un post. É un segnapost(o). Devo ricordarmi di aggiornare quando ho tempo*.
Non sapevo bene come lasciar passare la settimana di esami senza annoiarmi troppo.... quindi ho deciso di sfidare la bufera di neve e partire per New York all'ultimo minuto... Mi ospita un mio ex couchsurfer artista e devo dire che è stata decisamente un'ottima idea!

*Naturalmente non è mai successo... ma almeno ho fatto un video :-D


Disclaimer

Ci tengo a precisare che, nonostante le mie manie di protagonismo e il mio ego sproporzionato, il fine ultimo di questo blog è semplicemente quello di mantenere una cronologia delle mie avventure per futura referenza personale. Ciò non mi vieta di condividere con il resto del mondo le mie inutili divagazioni, ma riconosco che i miei viaggi destino il più assoluto disinteresse nell'opinione pubblica. Ogni riferimento a persone e cose è volutamente esagerato e senza alcuna prova che sia mai accaduto.